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La Chiesa è madre e una madre non rifiuta una benedizione ai suoi figli


di Gian Guido Vecchi in “Corriere della Sera” del 25 marzo 2021 «Molte madri benedicono i loro figli. Mia madre lo fa ancora oggi. Non esco di casa senza che lei mi benedica. Una madre non rifiuterà la benedizione, anche se suo figlio o sua figlia ha problemi di vita. Al contrario». Le parole del cardinale Christoph Schönborn, 76 anni, arcivescovo di Vienna e teologo domenicano, sono destinate ad avere un grande peso nel dibattito che si è aperto nella Chiesa dopo il «no» secco della Congregazione per la Dottrina della Fede alla possibilità di benedire coppie omosessuali. Il testo dell’ex Sant’Uffizio è stato «approvato» dal Papa. Ma Francesco ha grande considerazione di Schönborn, cui chiese di presentare l’esortazione Amoris Laetitia, contestatissima per l’apertura alla possibilità di concedere la comunione, in casi particolari, ai divorziati e risposati. Al Sinodo sulla Famiglia fu proprio Schönborn a trovare la soluzione, citando la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino per invitare a guardare, al di là della casistica della dottrina, la concretezza delle persone: il compito della prudenza «non è solo la considerazione della ragione» ma anche la sua «applicazione all’opera» che è «il fine della ragion pratica». Ecco, «La questione se sia possibile benedire le coppie dello stesso sesso è nella stessa categoria», spiega ora. Le parole del cardinale di Vienna sono affidate al settimanale diocesano Der Sonntag, in uscita oggi: «Non sono stato contento di questa dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Per la semplice ragione che il messaggio che è passato nei media di tutto il mondo è stato solo un “no”. E questo è un “no” alla benedizione, qualcosa che ferisce molte persone nel profondo, come se dicessero: “Madre, non hai una benedizione per me? Anch’io sono tuo figlio, dopotutto”». La Chiesa, ricorda Schönborn, «è Mater et Magistra, come si dice tradizionalmente, Madre e Maestra: deve insegnare, ma è prima di tutto una madre». Così succede che molte persone omosessuali e credenti «si pongano proprio questa domanda: “La Chiesa è madre per noi?” Rimangono figli di Dio, vogliono anche vedere la Chiesa come madre». Di qui il dolore, «perché si sentono respinti dalla Chiesa». Certo, «non si è affatto capito» che nel testo dell’ex Sant’Uffizio «si possa trovare anche una preoccupazione positiva». Il cardinale richiama «l’alta considerazione in cui è tenuto il matrimonio sacramentale, che è quasi diventato una rarità nel mondo di oggi» e dice: «È qualcosa di grande e sacro, l’alleanza di un uomo e una donna per la vita, promessa e fatta davanti a Dio, che può poi portare anche a figli che sono percepiti come un dono di Dio». Quindi, «la legittima preoccupazione della Congregazione è che una celebrazione di benedizione non dia l’impressione che qui si stia contraendo un matrimonio sacramentale». Ma «questo “sì” alla famiglia non deve essere detto in un “no” a tutte le altre forme», aggiunge: «Se la richiesta non è uno spettacolo, se è sincera ed è veramente la domanda della benedizione di Dio per un cammino di vita che due persone, in qualsiasi situazione, stanno cercando di percorrere, allora non sarà loro negata tale benedizione. Anche se, come sacerdote o vescovo, devo dire: “Non hai raggiunto tutto l’ideale”. Ma è importante che tu viva la tua strada sulla base delle virtù umane, senza le quali non c’è una partnership di successo». E «questo merita una benedizione», conclude il cardinale: anche se bisogna «riflettere attentamente» sulla «giusta forma di espressione».


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