di Francesca Sabatinelli in www.vaticannews.va del 15 settembre 2022
Venerdì 15 settembre a Nur-Sultan (Kazakistan) è stata firmata la Dichiarazione finale del Congresso dei leader religiosi. Con questo gesto i leader delle religioni mondiali si impegnano a compiere ogni sforzo per assicurare le attività a favore del dialogo tra religioni, culture e civiltà e sottoscrivono la promessa di compiere ulteriori passi a favore della pace, riconoscendo soprattutto l’importanza e il valore del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato ad Abu Dhabi, il 4 febbraio del 2019, da Papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar al-Tayyib. Le fedi non sono estremismo e radicalismo. La Dichiarazione finale, scaturita dal settimo Congresso chiusosi in Kazakistan, definisce quindi l’impegno delle religioni, in un mondo colpito dalla pandemia, dalla globalizzazione dei processi mondiali e dalle minacce alla sicurezza, a mettere in atto “sforzi congiunti per rafforzare il dialogo civile” nel nome della pace e della cooperazione, nonché nella promozione di valori spirituali e morali. I leader si dicono convinti che da qualunque conflitto si generi una reazione a catena che può portare “alla distruzione del sistema di relazioni internazionali”. “L’estremismo, il radicalismo, il terrorismo”, spiegano, così come ogni forma di violenza e guerra, non hanno nulla a che fare con la religione. Di qui l’esortazione a governi e organizzazioni internazionali a supportare i “gruppi religiosi e comunità etniche colpiti da estremisti e terroristi, a porre fine ai conflitti in ogni angolo del mondo e a sviluppare il dialogo", impegnando loro stessi a garantire una partecipazione attiva per dare soluzioni ai conflitti. Tolleranza e comprensione reciproca. Il pluralismo e le differenze di religione, così come di razza, genere e lingua, si legge nella Dichiarazione, “sono espressione della saggezza della volontà di Dio, con cui Egli ha creato l’uomo”, per questo è inaccettabile ogni atto di coercizione “verso una particolare religione e dottrina religiosa”. Nel testo si chiede il sostegno a qualunque iniziativa sia volta all’attuazione del dialogo interreligioso e interconfessionale; si sottolinea la comunione con gli sforzi delle Nazioni Unite e di qualunque altra entità, per promuovere il dialogo tra civiltà, religioni e nazioni; si esortano gli Stati a garantire condizioni di vita dignitose per i loro cittadini e a ridurre il divario nel benessere tra i diversi Paesi del mondo; si incoraggia a preservare nelle società valori spirituali e orientamenti morali; si riconosce l’importanza del ruolo dei leader delle religioni e della diplomazia religiosa. Tolleranza, rispetto e comprensione reciproca, è la sollecitazione, siano quindi “il fine di qualsiasi predicazione religiosa”. Un testo per le generazioni future. La Dichiarazione, divisa in 35 punti, chiede di non identificare l’estremismo e il terrorismo con Nazioni e religioni amanti della pace; l’ampliamento del ruolo dell’educazione e dell’istruzione religiosa; il rafforzamento dell’istituzione della famiglia e la tutela della dignità e dei diritti delle donne. Nel testo si chiede inoltre di sostenere le aree del mondo colpite da conflitti militari e da disastri naturali o causati dall’uomo. Si chiede pure di sostenere le organizzazioni internazionali e i governi nazionali nei loro sforzi di superare le conseguenze della pandemia da coronavirus. Tale dichiarazione e i risultati del Congresso diverranno “un importante orientamento per le generazioni moderne e future dell’umanità, al fine di promuovere una cultura di tolleranza, rispetto reciproco e serenità”. Il prossimo appuntamento con il Congresso dei leader delle religioni, sempre in Kazakhstan, sarà nel 2025.
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